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INDICE

 


MUSICA COME IMPEGNO CIVILE
Luigi Dallapiccola vive in prima persona tutti i grandi drammi del Novecento (le tensioni etniche dell’Istria, l’esilio a Graz, le leggi razziali, la traversata dodecafonica), ma riesce a trasformarli in opera d’arte attraverso un percorso musicale e spirituale che progressivamente assorbe e purifica, elevandole, tutte le esperienze drammatiche che impregnano la sua vita e la storia del suo tempo. Ogni cosa, nell’opera di Dallapiccola, tende verso la luce: è una ricerca condotta sul piano musicale che si estende però a quella dimensione teologico-spirituale che sarà sempre elemento imprescindibile del suo pensiero e di ogni sua espressione artistica. In questa prospettiva, emblematico è il ciclo di tre opere, composte negli anni a cavallo della guerra, attraverso cui Dallapiccola ripropone le tragiche esperienze del fascismo e soprattutto delle persecuzioni razziali, creando una musica connotata da un marcato impegno civile. La drammatica esperienza personale del compositore, costretto in occasione della Prima guerra mondiale all’esilio con la sua famiglia, in occasione della Seconda guerra mondiale a lottare contro le persecuzioni razziali che investono sua moglie Laura, si riflette nei Canti di prigionia e nel successivo Il Prigioniero, entrambe opere di forte impronta morale che si configurano come una vera e propria protesta musicale in cui il dolore causato dalla prigionia e la tensione verso la libertà arrivano ad assumere valore universale. La terza opera, Canti di liberazione, segna infine il termine della guerra e chiude idealmente questo ciclo musicale sui “prigioni” e dedicato alla ricerca della luce e della lotta per la libertà. Storia collettiva e vicende personali ancora una volta si intrecciano, facendosi portatrici di un messaggio di libertà e purezza dello spirito.

ancora

 

LAURA, LA COMPAGNA DI UNA VITA

Laura è il nucleo dell’esistenza di Dallapiccola, la luce del suo percorso umano e di quello professionale. Il rigore e la razionalità di lei fanno da contrappunto alla profonda spiritualità di lui. Ebrea e atea Laura, credente, dubbioso e praticante cattolico Luigi, nonostante le differenze il loro rapporto si fonda su un assoluto rispetto dell’altro che si manifesta in una vicinanza, una solidarietà e un supporto reciproci dal carattere paradigmatico. Nel 1938, con la promulgazione delle leggi razziali, Laura è costretta ad abbandonare il suo lavoro presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e la coppia decide di affrettare le nozze, spinta dalla preoccupazione per la pericolosa svolta politica. In tale occasione, Laura decide di battezzarsi pur di sposare Luigi nella tradizione culturale e religiosa di lui (ritroviamo un episodio simile nelle vicende di Gustav Mahler, che aveva agito in ugual maniera pur di diventare direttore dell’Opera di Vienna).

Fin dall’inizio del loro rapporto Laura dimostra una grande partecipazione per le vicende musicali del marito, alle quali dà il proprio fondamentale contributo in termini di traduzione di opere di lingua tedesca e proposte letterarie. È infatti lei che, grazie alla solida formazione umanistica e al grande interesse per la letteratura, trova e suggerisce al marito tutti i testi che egli metterà in musica nel corso degli anni, compresi quelli di carattere religioso. Si deve infine a Laura, dopo la morte del marito, la catalogazione e l’enorme lavoro di riordino del lascito dallapiccoliano, che trova oggi posto dal 1976 nel Fondo Dallapiccola del Gabinetto G.P. Vieusseux e dal 1983 in un secondo Fondo Dallapiccola presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Significativo altresì il lascito testamentario a Mario Ruffini nel 1995, alla base dei due fondamentali volume pubblicati in suo onore, L’opera di Luigi Dallapiccola. Catalogo Ragionato (Milano, Edizioni Suvini Zerboni, 2002) e Luigi Dallapiccola e le Arti figurative (Venezia, Marsilio, 2016) nonché della stessa nascita del Centro Studi Luigi Dallapiccola del 2017.

 


LA «DULCE FRANCE»

L’adesione incondizionata di Dallapiccola alla dodecafonia porta spesso a collocarlo soprattutto nel mondo viennese. Ma vi è un lungo periodo giovanile di Dallapiccola, che arriva fino alla piena maturità, nel quale la sua vicinanza alla cultura francese è totale. Lo stesso compositore parla ripetutamente del paese transalpino nei suoi scritti, citandolo spesso come la «Dulce France», e non poche sono in effetti le composizioni riconducibili alla Francia.

Dallapiccola ebbe anche rapporti con personalità rilevantissime della cultura francese, dal grande pittore Henri Matisse, al coreografo e ballerino Léonide Massine, allo scrittore Antoine de Saint-Exupéry. E la Francia si accorse infine del compositore italiano, che fu infatti nominato Accademico corrispondente dell’Institut de France, Académie des Beaux Arts di Parigi, il 23 febbraio 1968.

Molte delle sue composizioni del primo e medio periodo sono segnate dalla cultura francese, culminando in uno dei capolavori del Novecento, Il Prigioniero, opera nata dall’acquisto in uno dei bouquinistes del Lungosenna di due volumi di marca pienamente francese: La torture par l’espérance di Philippe Auguste Villiers de l’Isle-Adam e La légende d’Ulenspiegel et de Lamme Goedzak di Charles de Coster. Le composizioni direttamente riconducibili a una forte influenza della cultura francese sono:

Dalla mia terra [MR 6], 1928
Rapsodia. Studio per la morte del conte Orlando [MR 14], 1933
Divertimento in quattro esercizi [MR 16], 1934
Tre Laudi [MR 19], 1937
Odissea. Progetto di balletto [MR 20], 1938
Diana (Artémis ou Diane). Progetto di balletto [MR 21], 1938-1940
Volo di notte [MR 24], 1940
Piccolo concerto per Muriel Couvreux [MR 26], 1941
Rencesvals [MR 33], 1946
Il Prigioniero [MR 41], 1949

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SCHÖNBERG-DALLAPICCOLA. Di padre in figlio

Dallapiccola si trova per la prima volta negli Stati Uniti quando, nel 1951, Arnold Schönberg muore: un passaggio di testimone, fra “padre e figlio”. Per uno strano destino, non arrivano mai a incontrarsi di persona. Tornato in Italia, Dallapiccola così commemora alla radio la fine terrena di colui che, in occasione della sua prima lettera, aveva salutato con le parole: «Maestro di color che sanno», le stesse parole riferite da Dante ad Aristotele quando lo incontra insieme alla sua guida Virgilio (Inferno, IV, 131), utilizzando una significativa metafora di arte figurativa:

«Fui preso da smarrimento e solitudine. Smarrimento facilmente comprensibile a chi sa che cosa abbia significato per me, per la mia formazione, per la mia vita Arnold Schönberg almeno da ventisette anni a questa parte; dalla sera, precisamente, in cui alla Sala Bianca di Palazzo Pitti, lo vidi dirigere il Pierrot lunaire. Solitudine. Mi trovavo a quattromila miglia dai miei cari, dai miei amici e ad altrettante da Los Angeles. All’indomani il “New York Times” pubblicava una fotografia del Maestro, l’ultima, verosimilmente: la tragica immagine di un sofferente; un volto che sembrava uscire da una tela del Greco».

 

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LA CROCE 

Dom Bernardo Gianni OP, Abate della Basilica di San Miniato al Monte di Firenze, in una foto di Alessandro Cinque del 2020, che evoca in modo paradigmatico il racconto di Dallapiccola riguardo all’attore Alessandro Moissi, alla figura della croce e alla rappresentazione teatrale vista a Graz nel 1917

In una pagina di Diario, scritta a Vienna il 21 gennaio 1930, Dallapiccola si lascia andare al ricordo del periodo di Graz dove, fra il 1917 e il 1918, quando aveva tredici anni, era stato internato con la famiglia: «Quante volte mi ero sorpreso a pensare con tenerezza alla fame e al freddo e all’esilio di Graz! Fame, freddo, esilio – sta bene. Ma c’erano l’Opernhaus e Oskar C. Posa che dirigeva Don Giovanni, Fidelio, Tristano e la Tetralogia e di quando in quando i concerti sinfonici, e una volta – in un pomeriggio domenicale – Alessandro Moissi, tunica bianca e braccia aperte, che scandiva inesorabilmente i versi di Edipo Re». Un’immagine iconica, quella tunica bianca e braccia aperte che formano una croce, che sconvolge il ragazzo e segnerà profondamente il suo percorso musicale e umano.

Moissi era un noto attore austriaco (1879-1935), la cui recitazione fu per Dallapiccola alla base di numerose sollecitazioni compositive durate a lungo. Ancora negli anni Sessanta Dallapiccola torna a quel lontano momento di Graz, in un discorso del 30 aprile 1963: «Lontana nel tempo (si tratta di quarantasei anni or sono), densa di conseguenze per il mio lavoro, una rappresentazione del sofocleo Edipo Re – protagonista Alessandro Moissi». «La voce regolata sul La centrale: tunica bianca e, già al suo primo apparire sulla scena, le braccia distese orizzontalmente: un uomo legato alla croce. Senza alcun dubbio, vari decenni più tardi, nel Prigioniero e nella sacra rappresentazione Job, il ricordo di quell’Edipo Re, il gesto di Alessandro Mossi, la sua voce mi sono stati presenti. In tempi a noi più vicini, nei Cinque Canti, il simbolo della croce appare, anche graficamente, nella partitura». Nei Cinque Canti convergono in effetti, in forma di pagina musicale che per cinque volte prende le sembianze di una croce, molte delle istanze figurative insite nel pensiero dallapiccoliano.

La croce è una costante frequentazione del compositore, che si ritrova quotidianamente, quando ogni mattina – nel corso dei suoi proverbiali 6000 passi, che compie con matematica esattezza nella sua giornaliera passeggiata di un’ora – si ferma nella chiesa di San Felice in Piazza, poco distante dalla sua abitazione, per pregare sotto il Crocifisso giottesco che sovrasta l’altare: «E, mentre prego vedo come il “Chi sei?” possa assumere altre dimensioni. Domanda fondamentale nella vita; il goethiano “Ist’s möglich?” [È possibile?] è sempre la domanda-base».

Diretta conseguenza dello strettissimo rapporto fra il compositore e la figura cristiana della croce, si trova costellata in vari momenti del suo percorso musicale: dal culto della Storia della vera croce di Piero della Francesca (1946), di cui il compositore traspone in musica due scene (Regina di Saba e Re Salomone da un lato; la battaglia di Cosroe dall’altro), al Prigioniero (1949), dove un subdolo inganno del carceriere porta alla crocifissione del condannato e dove l’idea della croce è così preponderante da mettere in stretta relazione la figura del Prigioniero con quella di Gesù. L’idea della croce sottesa poi nella sacra rappresentazione Job (1950), dove Giobbe chiede conto a Dio del perché del male, nonché in Preghiere del mistico Murilo Mendes: «Tu che sei il vero figlio di Dio, schioda l’umanità da questa croce». Quella immagine della croce simbolicamente evocata dall’attore Alessandro Moissi la si ritrova anche nella parola Tenet nel celebre palindromo Sator Arepo Tenet Opera Rotas, principale simbolo del sistema dodecafonico, che Webern fa scolpire addirittura sulla propria tomba.

La croce si fa invece musicalmente palese nei Cinque Canti (1956), dove ben cinque figure musicali sono scritte graficamente a forma di croce. Con la figura della croce siamo di fronte a una delle congiunzioni più forti nelle relazioni fra musica e arti figurative, che corrono parallele nell’intera opera di Luigi Dallapiccola.


Riferimento bibliografico
Cfr. Lux mystica: la croce, in: Mario Ruffini, Luigi Dallapiccola e le Arti figurative, Collana del Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, XIX, Venezia, Marsilio, 2016, pp. 26-35.

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IL TEATRO MUSICALE DI DALLAPICCOLA La lotta dell’uomo contro forze più grandi di lui

Tutti i soggetti erano in lui da molto tempo e attendevano solo di essere musicati. Rivière, Marsia, Job, fino al Prigioniero e all’Ulisse che scopre Dio, non sono che proiezioni dello stesso Dallapiccola che, in una progressiva autoraffigurazione, combatte sin dall’infanzia contro forze più grandi di lui (le tensioni etniche dell’Istria, l’esilio a Graz, le leggi razziali, la traversata dodecafonica), in una Via Crucis verso il momento supremo della libertà e della conoscenza, cioè della luce.

Tutte le opere di Dallapiccola sono caratterizzate da una struttura ad arco, un impianto drammaturgico che assume i connotati della più grande storia umana. Nelle cinque opere di Dallapiccola per il teatro musicale è costante la lotta dell’Uomo che combatte contro forze più grandi di lui. Se con Volo di notte e Marsia il tema è abbozzato dall’artista da giovane, modulato con la modernità del volo o con le radici fondanti della cultura e della mitologia, con Il Prigioniero e con l’Ulisse, passando per Job, il magistero di Luigi Dallapiccola fa un severo e arduo percorso teologico. Il protagonista è sempre, con tutta evidenza, lo stesso compositore, poiché il suo teatro è totalmente autobiografico.

Volo di notte

S’incentra sul rapporto tra individuo e collettività: la lotta tra felicità individuale e interesse collettivo di fronte al progresso scientifico;

Marsia

Nelle radici della cultura e della mitologia viene rappresentata l’umana ansia di accostarsi alla condizione divina: la lotta tra l’uomo e il dio.

Il Prigioniero

È l’opera autobiografica più compiuta per drammatica esperienza diretta. Ambientato al tempo dell’Inquisizione spagnola, racconta l’inesausta lotta dell’uomo per la libertà. Il Prigioniero diventa parola sostantiva, e il protagonista prende su di sé il valore delle istanze universali: egli non è “un prigioniero”, egli è “il Prigioniero”.

Job

Tratta del bene e del male: Giobbe furioso pone a Dio la più difficile delle domande, chiedendo spiegazioni del perché del male.

Ulisse

Rappresenta infine l’uomo moderno, la sua sete di sapere, la sua lotta contro l’ignoranza, e il suo protendersi verso la conoscenza suprema: Dallapiccola fa scoprire Dio all’eroe pagano, e il dubbio di una intera esistenza, «Ist’s möglich?», diventa alla fine una liberazione di luce teologica e di certezza: «Es ist möglich!».

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VOLO DI NOTTE: DAL ROMANZO DI SAINT-EXUPÉRY AL TEATRO MUSICALE

Il fascino delle prime esperienze legate ai viaggi aerei e l’attrazione esercitata dal volo umano sono i temi che, in tutta Europa, colpiscono l’immaginario degli artisti e dei letterati nella prima metà del Novecento. Antoine Saint-Exupéry è uno degli autori che maggiormente danno voce a questi temi, attingendo dalla propria esperienza personale in quanto impiegato come aviatore presso il servizio Aeropostale. Il suo romanzo Vol de nuit giunge a casa Ojetti fin dal 1931, anno della sua pubblicazione, e in casa Dallapiccola poco più tardi (sarà inoltre espressamente donato da Laura al marito in occasione del 14 febbraio 1943). Nel 1937, in occasione del primo viaggio a Parigi, Dallapiccola ottiene da Saint-Exupéry l’autorizzazione a trasporre Volo di notte in opera lirica: sarà la sua prima opera per il teatro musicale. Si tratta di un lavoro dalla grande forza espressiva che coglie e amplifica in forma musicale l’antitesi tra il bene collettivo e il sacrificio del singolo. È questo un tema molto caro a Dallapiccola, che assume i connotati di un problema esistenziale nel momento in cui la tensione verso il sapere e verso il progresso travalica la dimensione individuale: l’eterno dramma dell’uomo che lotta contro forze più grandi di lui, arrivando a sacrificare sé stesso pur di placare la sua sete di conoscenza.

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HENRI MATISSE E DALLAPICCOLA

Tra gli intrecci artistici che caratterizzano l’esperienza musicale di Dallapiccola, un episodio poco conosciuto è significativo per le implicazioni di carattere internazionale che avrebbero potuto avere luogo, se il corso della Storia non avesse portato in altre direzioni. Nel 1939 prende avvio il progetto del balletto mitologico Diana; per la realizzazione delle scenografie e dei costumi il compositore propone la partecipazione di Henri Matisse, già noto a livello internazionale, che si dimostra da subito affascinato dalla possibilità di lavorare con il compositore italiano. È l’occasione per salire sulla ribalta internazionale; tuttavia le vicissitudini storiche e politiche, tra cui il corso della guerra, impediscono al progetto Diana di trovare una conclusione. La musica preparata per il balletto viene utilizzata per il Piccolo Concerto per Muriel Couvreux, mentre il progetto complessivo viene in seguito sfruttato per realizzare un nuovo balletto, Marsia. Di Diana rimangono oggi la corrispondenza intercorsa tra Dallapiccola e Matisse, maestri l’uno della musica e l’altro del colore, e la sceneggiatura quasi completa del balletto. Tali scritti sono raccolti in forma unitaria e cronologica nel volume Luigi Dallapiccola e le Arti figurative (Marsilio, 2016), nel quale sono ricostruite le tappe di questa inedita collaborazione che, nonostante il forte interesse di entrambi, non riuscì a vedere la luce. Alla raccolta epistolare segue la trascrizione integrale della scenografia ideata per il balletto; pubblicata nel volume come assoluta novità, rimane in quanto testimonianza di questo straordinario, mancato, sodalizio artistico.

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DALLAPICCOLA E IL CINEMA

In seguito alle condizioni economicamente molto difficili in cui la famiglia Dallapiccola si ritrova al termine della guerra, il compositore accetta l’incarico di scrivere le musiche per accompagnare un nuovo genere scientifico-divulgativo di documentari d’arte. Tali documentari, finanziati direttamente dallo Stato e chiamati in seguito da Ragghianti critofilm, si propongono di diffondere a livello popolare la storia dell’arte sfruttando le tecniche cinematografiche, in un’ottica di incrocio delle arti e di diffusione della cultura umanistica. Dallapiccola partecipa alla realizzazione di tre filmati: Incontri con Roma. Le accademie straniere (1948), L’esperienza del cubismo (1949) e Il cenacolo di Leonardo (1953).

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DALLAPICCOLA E IL PIANOFORTE

Quando Dallapiccola era al piano

scattava oltre l’intelligente aspettativa

alcunché strano

che sfuggiva alla mia presa

come sfugge ora alla mia mano

 

Mario Luzi

 

 

Straordinaria l’importanza del Pianoforte nella vicenda artistica di Luigi Dallapiccola. Come interprete ha svolto una intensa attività di solista e accompagnatore al pianoforte; ha inoltre suonato in numerosi gruppi cameristici, formando con Sandro Materassi un duo che ha contrappuntato tutta la sua carriera di compositore. Di grande rilievo è inoltre l’uso dello strumento nell’ambito della sua produzione: il pianoforte è infatti presente nella quasi totalità dei suoi lavori. È l’unico strumento (oltre al violoncello) per il quale ha scritto brani solistici, ed è presente in gran parte delle formazioni cameristiche e orchestrali. Il rapporto di Dallapiccola con il pianoforte è dunque costante, nelle sue molteplice vesti di compositore, pianista, didatta, revisore.

Dal 1925 circa inizia a frequentare la casa di Ugo Ojetti, introdotto dal suo maestro Ernesto Consolo in qualità di insegnante di pianoforte della figlia Paola. Fra il 1926 e il 1927 si registra l’inizio della sua attività concertistica: egli esegue fra l’altro i Quadri di una esposizione di Musorgskij, di cui realizza per la Carisch due edizioni critiche, nel 1940 e nel 1970, contribuendo in modo significativo alla conoscenza di questo lavoro in Italia. La scelta dell’opera musorgskiana, isolata fra i pianisti italiani di allora, accentava la fulminante genialità inventiva avvinta alla biografia poetica e morale dell’uomo, al suo modo di guardare paesaggi e figure.

Luigi Dallapiccola tiene il suo primo concerto ufficiale come pianista il 5 marzo 1926 a Monza (Bach, Partita in Si bemolle maggiore; Beethoven, Sonata op. 101; Albéniz, Evocacion da Iberia, Debussy, Due Preludi“La Cathèdrale engloutie”, “Minstrels” – e L’Isle joyeuse; Pizzetti, La danza dello sparviero; Montani, Gaudia ruris; Musorgskij, “Promenade”, “Byldo” e “La Grande porta di Kiev” dai Quadri di una esposizione; Chopin, Scherzo in Si bemolle op. 31). Tiene poi come pianista solista circa settanta concerti, suonando (in ordine cronologico) nelle città di Monza, Trento, Rovigno d’Istria, Pola, Cagliari, Firenze, Venezia, Portogruaro, Roma, Trieste, Pisa, La Spezia, Capodistria, Pistoia, Pisino, Biella, Livorno, Torino, Bologna, Napoli, Genova.

Dopo sporadiche collaborazioni con cantanti, una danzatrice e vari strumentisti, forma nel 1930 un Duo stabile con il violinista Sandro Materassi, con il quale suona nei più importanti centri in Italia e all’estero, e crea un sodalizio che non si limita al solo campo della musica ma si trasforma in una amicizia mai interrotta.

La loro attività continua fino alla morte di Dallapiccola, con concerti e tournée in varie parti del mondo e con una vasto repertorio per violino e pianoforte. Il loro primo concerto in Duo fu tenuto a Padova presso la Società dei Concerti “Bartolomeo Cristofori” il 22 marzo 1930 (musiche di G. Faurè, Sonata op. 13; M.P. Musorgskij, Quadri di una esposizione – pianoforte solo –; G. Tartini, Sonata in Sol maggiore; E. Block, Baal Scham n. 2, Improvvisazione; B. Bartók, Danze popolari rumene, M. de Falla, Danze spagnole – da La vida breve per violino solo –). In quell’occasione Dallapiccola ha forse per la prima volta occasione di eseguire Tartini, autore che poi avrebbe ripreso. Il 21 febbraio 1943 il Duo suona, per l’Ente Autonomo del Teatro Comunale Vittorio Emanuele II, nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, che è per Dallapiccola un luogo pieno di ricordi importanti e significativi. Nel 1954 Dallapiccola suona in trio con Cassadó e Michaels (pianoforte, violoncello e clarinetto), effettuando una lunga tournée in Spagna. Fa poi parte come pianista, sporadicamente, di vari gruppi da camera.

Il 29 marzo 1931, alla morte del suo maestro Consolo, Dallapiccola viene nominato supplente di Pianoforte al Regio Conservatorio “Luigi Cherubini”: per alcuni mesi, fino al 15 giugno dello stesso anno, in cui conseguirà il Diploma di Composizione, sarà sia docente che allievo dello stesso Istituto.

Nel 1934 Dallapiccola, vincitore di concorso, diventa titolare della Cattedra di Pianoforte complementare presso il Conservatorio “Cherubini” di Firenze, cattedra che manterrà fino al 1967, anno del suo pensionamento. Nei primi tempi impartisce anche lezioni private di pianoforte, ma interrompe questa pratica dopo la guerra, con l’arrivo dei primi allievi di composizione.

ALBERO GENEALOGICO DEI PIANISTI
Ritrovamento e ricostruzione di Mario Ruffini

 

J.S. Bach

Partita in Si bemolle maggiore; Suite in Sol maggiore

Bach-Busoni

Preludio e fuga in Mi minore

L. van Beethoven

Sonata op. 101; Sonata op. 110

I. Albéniz Iberia

C. Debussy

Preludi; Childrens Corner; Images; Estampes; Pour le Piano; L’Isle joyeuse

I. Pizzetti

La danza dello sparviero; Passeggiata

P. Montani

Gaudia ruris; Poemetto campestre

M.P. Musorgskij

Quadri di una esposizione

F. Chopin

Scherzo in Si bemolle op. 31; Fantasia Polonaise op. 61 V. Frazzi Madrigale; Toccata; Sonata

G.F. Malipiero

La madre folle

Lulli-Godowskij

Sarabanda

Corelli-Godowskij

Pastorale

S. Copertini

Tre pezzi

M. de Falla

Danza del fuoco da El amor brujo; Ferruca e Fandango da El sombrero de tres picos

E. Granados

Danze spagnole nn. 4, 5, 7, 8

Frescobaldi-Respighi

Toccata e fuga in La minore

F. Liszt

Capricci di Niccolò Paganini; Rapsodia; Armonie della sera (dai 12 studi trascendentali)

Bach-Liszt

Preludio e fuga in La minore

M. Ravel

Valses nobles et sentimentales

J. Turina

Devant la tour du Clavero (Salamanca)

Z. Kodaly

Meditation sur un motif de Debussy

D. Scarlatti

Tre Sonate

C.M. von Weber Grande

Sonata in La bemolle op. 39

M. Castelnuovo-Tedesco

Alt Wien

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ULISSE

«Il risultato di tutta la mia vita». Un giudizio che definisce consapevolmente il significato del proprio percorso di uomo e di artista, e che fa dell’Ulisse l’opera emblematica anche di ogni altra espressione che nel corso della sua esistenza il compositore ha donato alla storia del Novecento musicale. Dallapiccola – in un transfert con sé stesso – si paragona al mitico Odisseo nella traversata verso la conoscenza dodecafonica. Un percorso lungo, che possiamo ripercorrere grazie alle sue parole, riunite cronologicamente in una sorta di “florilegio del pensiero di Ulisse”.

 

 

Ala, agosto 1912

Visione del film muto L’Odissea di Omero

Graz, 18 maggio 1917

Dopo una rappresentazione dell’Olandese volante nel Teatro di Graz, Dallapiccola prende la decisione

di dedicarsi alla musica.

Firenze, 1923

Dallapiccola acquista il volume Traduzioni e Riduzioni di Giovanni Pascoli (Bologna, Zanichelli, 1923), dove sono tradotti, tra l’altro, cinquantacinque brani dell’Odissea. La raccolta contiene altresì la traduzione di Ulisse di Alfred Tennyson, autore che sarà citato nella costruzione del libretto.

1929

Dallapiccola si imbatte nell’opera L’ultimo viaggio di Odisseo di Guido Guerrini, allora direttore del Regio Conservatorio “Luigi Cherubini”.

1932

Rappresentatione di Anima et di Corpo. Tutto sommato, l’idea fondamentale non era astronomicamente lontana da quella di Ulisse.

1933

Il poema omerico desta sempre grande interesse in Dallapiccola: il 17 luglio 1933, poco dopo la pubblicazione avvenuta l’anno precedente, acquista l’Odissea di Omero tradotta da Ettore Romagnoli, edita da Nicola Zanichelli a Bologna.

1938

Leonide Massine propone la composizione di un balletto sull’Odissea. Il contratto viene regolarmente

firmato da ambo le parti. Ma non va in porto per divergenze sul finale, che Massine vorrebbe come trionfo nella Reggia di Itaca, Dallapiccola con Ulisse solo in mezzo al mare…

Primavera 1941

Mario Labroca, Sovrintendente del Maggio Musicale Fiorentino, incarica Dallapiccola di preparare una

riduzione per le scene moderne e di realizzare dell’opera di Monteverdi Il ritorno di Ulisse in patria.

1942

Va in scena al Maggio Musicale Fiorentino Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi, nella trascrizione di Luigi Dallapiccola.

1943

Dallapiccola ha l’impressione di scorgere Ulisse in carne e ossa in un vicolo di Firenze.

1945

Dallapiccola acquista il volume Dall’Odissea, a cura e con la traduzione di Salvatore Quasimodo e le illustrazioni di Carlo Carrà. Nello stesso anno si imbatte nell’opera poetica di Antonio Machado.

1948

Dallapiccola acquista l’Odissea tradotta da Ippolito Pindemonte. A Venezia, nella foschia, intravede il verso di Machado che segnerà l’inizio e la fine dell’opera.

1956

Il libretto dell’opera viene cominciato e interrotto nel 1956

1958-1959

Il libretto viene ripreso e finito fra il novembre 1958 e il 7 gennaio 1959.

1959

Dallapiccola trova casualmente abbozzi riguardanti l’Epilogo del libretto di Ulisse.

7 gennaio 1959

Dallapiccola termina il libretto di Ulisse.

1960

Guardare, meravigliarsi e tornare a guardare.

1961

Ha inizio la composizione musicale.

novembre 1961

Dallapiccola parla del suo Ulisse con Gustav Rudolf Sellner, nuovo Sovrintendente della Deutsche Oper di

Berlino, in occasione di una conferenza tenuta all’Akademie der Kunste di quella città.

agosto 1962

Sellner si reca a Forte dei Marmi per assicurarsi la prima mondiale dell’opera per il suo teatro berlinese.

settembre 1962

Dallapiccola sottoscrive la bozza di contratto e si impegna cosi con il teatro tedesco per la prima esecuzione

assoluta di Ulisse. Passeranno ancora sei anni prima che l’opera possa essere messa in scena.

1963

In Grecia. Una breve visita del Peloponneso, costeggiando Itaca e visitando Micene e Corinto. Acquista un’edizione inglese dell’Odissea.

21 gennaio 1964

«Finalmente ho veduto Dublino, Eccles Street 7 – cioè la casa di Mr. Bloom, sordida al punto da farmi vedere come nulla sia cambiato dal 16 giugno 1904; la Marbell Tower (ora James Joyce Tower), e, sotto, l’acqua che sembra sussurrare “Inelutable modality of the visible” (suono – non rumore! – delle acque). Emozionante». Dallapiccola acquista due nuove edizioni dell’Odissea, una in italiano (traduttore Emilio Villa), l’altra in tedesco.

1965

«Ho finito or ora il racconto di Demodoco; l’episodio solistico piu sviluppato di tutta l’opera (ci sono pero brevi interventi del coro) e voglio sperare di terminare la scena per il 18. Sopra tutto se il mare continuerà a essere cosi poco invitante, ondoso come se Cariddi vi soffiasse sopra in permanenza. Ma io mi trovo benissimo».

12 marzo 1965

Nella casa berlinese di Sellner, sovrintendente del Teatro e anche regista dell’opera, ha luogo una prova di

lettura al pianoforte alla presenza del compositore e con l’ausilio di due maestri sostituti che suonano a quattro mani. Alla prova assistono tra gli altri il vice sovrintendente Seefehlner e il maestro del coro Hagen-Groll. Dallapiccola non è particolarmente soddisfatto della lettura e comunica le sue preoccupazioni

a Lorin Maazel. Si programma la messa in scena dell’opera nell’ambito delle Berliner Festwochen del settembre 1967. Evidentemente il lavoro richiederà piu tempo del previsto, e la data slitterà di un anno.

12 febbraio 1966

La partitura del Primo Atto e conclusa. Dallapiccola acquista una nuova edizione tedesca dell’Odissea.

1966

«Sentivo oscuramente, già assai prima d’iniziare la stesura del libretto, che l’ostacolo più arduo da superare risiedeva nella scena di Nausicaa. […] A meta maggio 1966, a Firenze, in una cappella laterale della Basilica di Santa Maria Novella, il mio sguardo fu attratto da un’iscrizione religiosa che sino allora mai avevo notato…

1967

Dallapiccola profonde tutte le sue energie nel compimento dell’opera. «L’idea fondamentale di tutti i miei lavori per il teatro musicale e sempre la medesima: la lotta dell’uomo contro qualche cosa che e assai più forte di lui…

5 settembre 1967

«Ieri, alle battute 260-261, quando cioè Nausicaa dice alle Ancelle “Non so chi fosse” mi venne l’idea di introdurre per la prima volta “Nessuno”. Stamane, con la piu grande sorpresa, mi sono accorto che l’ultima volta che “Nessuno” appare è nella stessa “tonalita” di quella nata ieri, inconsciamente, per la prima apparizione»

1967

«La sera prima di terminare il libretto di Ulisse non sapevo ancora con esattezza quale sarebbe stato l’ultimo Verso. Dal Señor, ya estsmos solos mi corazón y el mar, la penna scrisse da sé: Signore! Non più soli il mio cuore e il mare».

ottobre 1967

Il 1° ottobre Dallapiccola lascia il Conservatorio “Luigi Cherubini”, dopo trentasei anni di insegnamento. Il 4 ottobre riceve la laurea honoris causa dalla Michigan University di Ann Arbor, e nella prolusione parla della nascita del libretto per Ulisse, Birth of a Libretto, preziosa memoria che rappresenta la principale fonte per penetrare molti dei segreti dell’opera.

1967-1968

Sellner sollecita Dallapiccola a concludere il lavoro. «In arte non esistono opere finite: esistono soltanto

opere abbandonate. E Ulisse sarà abbandonato il più tardi possibile».

febbraio-maggio 1968

Dallapiccola è a Berlino per le prove dell’opera, la cui partitura e terminata il 5 aprile, varie settimane

dopo l’inizio delle prove stesse.

Berlino, 29 settembre 1968 Prima mondiale dell’Ulisse (in lingua tedesca). Berlino, Berliner Festwochen, Deutsche Oper. Direttore Lorin Maazel; Regia di Gustav Rudolf Sellner; Scene e costumi di Fernando Farulli; Maestro del Coro Walter Hagen-Groll.

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